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Da Verzino alla Turchia per salvare vite

  • Immagine del redattore: GSG "Le Grave" - Verzino
    GSG "Le Grave" - Verzino
  • 6 ott 2024
  • Tempo di lettura: 4 min

Francesco Ferraro, calabrese, è uno degli speleologi protagonisti del recupero di Mark Dickey, l'americano intrappolato a mille metri di profondità nella grotta della Morca. E ci racconta l'impegno degli specialisti del soccorso come lui.


Francesco Ferraro, Gruppo Speleologico GSG "Le Grave"

Da Verzino fino alla grotta della Morca, nella Turchia meridionale, per salvare l’americano che era lì era rimasto ferito ed intrappolato a mille metri di profondità.


Francesco Ferraro è un giovane calabrese in forza al Corpo nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico della Puglia. È un “tecnico specialista in recupero”, vale a dire la qualifica formazione più alta che un soccorritore in grotta possa vantare. Ed è per questo che quando è avvenuto l’incidente a Mark Dickey, impegnato nella esplorazione della Morca, Ferraro è stato tra i membri del CNSAS allertato per intervenire in quanto membro dell’Ecra (European cave rescue association).




Così, nell’arco di poche ore, un aereo dell’Aeronautica ha trasportato una quarantina di tecnici italiani in Turchia e poi l’esercito turco li ha condotti all’ingresso della grotta dove da giorni altre squadre di soccorso internazionali erano già all’opera. Il salvataggio dell’americano è stato un successo grazie alla collaborazione tra i diversi gruppi e malgrado le grandissime difficoltà.

Francesco Ferraro, o in grotta o sui tralicci

Oggi Ferraro è tornato in Calabria e alla sua professione. Lui che per passione scende a mille metri nel ventre della terra, per lavoro si arrampica sui tralicci dell’alta tensione, ad oltre trenta metri. Insomma, una vita passata indossando casco, imbrago e moschettoni di sicurezza. Ma quando non si prende cura di cavi da centinaia di migliaia di Volt, allora non resiste e parte per qualche grotta.La sua passione inizia a Verzino, piccolo paese della provincia di Crotone e precisamente attorno al mistero che su di lui esercitavano gli ingressi bui della grotta della “Grave” (Grave grubbo) e dello Stige. Nel 2011 inizia a praticare la speleologia, seguendo persone con maggiore esperienza e imparando come una spugna. Rapidamente acquisisce tecniche e competenze, ma soprattutto il suo motore è la curiosità: «Si deve uscire dal proprio recinto, confrontarsi con realtà diverse, solo così si migliora nella speleologia», dice sicuro.

Dal Marguareis all’Iran

E infatti presto la Calabria con le sue grotte gli stanno strette. Cerca esperienze nuove. Va nel tempio della speleologia italiana, il Marguareis, visita il gigantesco complesso carsico che si dipana in chilometri di grotte. Impara di più, impara meglio, si affianca ai nomi più autorevoli della speleo italiana. Poi lo sguardo curioso si sposta più in là, di parecchio. Francesco Ferraro nel 2018 parte per l’Iran, partecipa a una spedizione internazionale composta da 10 italiani e 16 polacchi, oltre che un certo numero di speleo iraniani.«La zona dove si svolgeva la spedizione era molto inospitale. Ci aspettavano 10 ore di cammino, 1.600 metri di dislivello, fino alla cima posta tra i 2.800 metri e i tremila con una infinità di inghiottitoi e ingressi».

La spedizione in Iran

L’associazione che ha messo assieme i componenti della spedizione è La Venta probabilmente tra le più importanti realtà di esplorazioni geografiche. Francesco Ferraro ha fatto il salto definitivo. Torna in Iran per completare l’esplorazione l’anno successivo, intanto ha trasferito la sua passione nel Soccorso. Acquisisce nuove competenze, «perché essere bravi in grotta non basta, si deve imparare a portare soccorso, mettere in sicurezza il ferito, trovare la via più sicura per portarlo fuori, avere cura dei compagni di squadra».

È un percorso di responsabilità, di conquista di maturità, di consapevolezza e senso di solidarietà. Perché altrimenti non ti svegli all’alba la domenica, magari d’inverno, per partecipare a una esercitazione.


Francesco Ferraro e Il Buco di Frammartino

Il valore di Francesco Ferraro viene successivamente riconosciuto anche da Michelangelo Frammartino, regista del film Il Buco, sulla scoperta ed esplorazione dell’abisso del Bifurto. In quella occasione Francesco assieme ad altri esperti speleo calabresi, come Nino Larocca, fornisce assistenza alle riprese, trasportando nei pozzi le attrezzature e garantendo la sicurezza degli attori. Pur se calabrese entra a far parte del Soccorso Alpino e Speleologico Puglia e lì, dopo un lungo periodo di formazione diventa, Specialista nelle tecniche di recupero. Un traguardo che premia la costanza e la passione, ma pure una acquisita maturità sui compiti di un soccorritore.


Le grandi esplorazioni non lo hanno separato da Verzino, dove con un gruppo di amici cerca di promuovere la pratica della speleologia, di tenere in vita il fascino della scoperta tra i ragazzi del paese.


«Per me descrivere la speleologia è difficile – spiega sorridendo Francesco Ferraro – per tanti uno è sport, per altri un laboratorio scientifico, per altri ancora una frontiera da esplorare in un mondo che visualizza la realtà tramite il display di un telefonino. Credo sia la somma di tutto questo e certamente è stato il modo per conoscere tante persone, costruire amicizie solide, relazioni umane sulle quali puoi contare. Che poi è il senso profondo del Soccorso Alpino e Speleologico, perché l’evento in Turchia mi ha fatto riflettere su una cosa, che in parte già sapevo, ma il cui senso è diventato più forte: Non importa chi tu sia, se sei uno speleo e sei in difficoltà, altri speleo faranno di tutto per aiutarti».


È l’etica dei soccorritori, se sei in difficoltà in un ambiente remoto e impervio, ci saranno sempre tecnici preparati che faranno di tutto per salvarti.

 
 
 

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